Festa del Maggio di San Pellegrino

LEGGENDA

La notte si avvicinava, fredda e minacciosa, su per le valli dell’Umbria.

Era il 30 aprile dell’anno Millequattro, e il vento portava nubi nere sulle creste dei monti. Due figure avanzavano lentamente lungo la via Flaminia: un uomo anziano, il viso scavato dal sole e dalla preghiera, e un giovane che lo seguiva, in silenzio, come un discepolo. Erano pellegrini. Votati a Dio. Provenivano dalla lontana Provenza e marciavano da settimane verso Roma.

Sotto le mura di un piccolo villaggio fortificato, Castro Contranense si chiamava allora, bussarono alle porte del castello. Il vecchio alzò il capo e chiese, con voce gentile ma stanca, un po’ d’acqua, un pezzo di pane, un angolo di stalla dove riposare.

Ma fu Ono, il custode, a rispondere. Sospettoso, guardò i viaggiatori con freddezza e chiuse la porta. “Stanotte nessuno entra.”

Così i due si rimisero in cammino, mentre il cielo si apriva con un boato. Trovato un piccolo ponticello fuori dal borgo, si accovacciarono sotto l’arco di pietra. Le mani nelle mani, le spalle strette l’una all’altra, affrontarono la tempesta. Ma quella notte il fango trascinò via ogni cosa. E il silenzio, all’alba, era più pesante del tuono.

Nel castello, la figlia del conte Ermanno si svegliò piangendo. Raccontò un sogno vivido: due uomini, sepolti vivi nel fango, che la fissavano con occhi pieni di luce. Il sogno le indicava un luogo preciso: un fosso lungo la strada, sotto un vecchio ponte.

Gli abitanti del villaggio seguirono la ragazza. Quando arrivarono, trovarono i corpi. Il giovane aveva ancora il volto sereno. Il bastone che stringeva tra le dita era coperto di fiori, come se qualcosa di più grande avesse voluto rendere onore a quel viaggio interrotto.

La notizia si sparse come un’onda. Li misero su un carro, trainato da buoi. Volevano seppellirli nel cimitero del castello. Ma a metà strada, gli animali si fermarono. Nessun colpo di bastone, nessuna parola li faceva avanzare. Guardavano un piccolo colle, dove cresceva un bosco.

Fu allora che il vecchio parroco disse: “È qui che devono riposare.”

E lì, sul fianco del colle, costruirono prima una cappella. Poi una chiesa. E poi il villaggio stesso cambiò nome. Da Castro Contranense a San Pellegrino, in onore di chi non aveva trovato accoglienza… ma portava il segno di Dio.

Da allora, ogni anno, nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio, la comunità di San Pellegrino si riunisce per un rito antico.

Un grande pioppo, scelto nei boschi secondo usanze tramandate da secoli, viene abbattuto, preparato e trasportato fino al centro del paese. Lì, tra canti, fuochi e mani che lavorano insieme, viene innalzato solennemente. Resterà eretto per tutto il mese di maggio, come segno visibile di un miracolo che continua a vivere nel cuore della gente. Non è solo un albero: è memoria che si rinnova, è fede che si alza verso il cielo.